L’Assenza Dell’Effetto Drogante della Cannabis Light: Lo Studio

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Era il dicembre del 2020 quando è stato pubblicato uno studio molto interessante che dimostra, anche se non ce ne sarebbe il bisogno, l’assenza di effetto drogante nella cannabis light. In uno Stato proibizionista però questa tipologia di ricerche diventano uno strumento utile nelle arringhe in difesa degli operatori cannabici ingiustamente accusati di “spaccio”.

Il lavoro si deve all’equipe del dott. Guido Pelletti, dell’Università di Bologna, professore del Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche, Unità di Medicina Legale, da dove è nata la ricerca intitolata: “Consumo di cannabis light in un campione di giovani adulti: dati farmacocinetici preliminari e valutazione del danno psicomotorio”. 

La necessità di uno studio sugli assuntori è sorta, come spiegato nella pubblicazione stessa, dalla sentenza in cui la Suprema Corte italiana nel 2019 ha stabilito che la canapa non può essere commercializzata per uso umano, quando non è possibile dimostrare o smentire l’“effetto drogante” del prodotto o la sua “offensiva”. All’interno dello studio è evidenziata la finalità: “Lo scopo del presente studio è valutare le concentrazioni ematiche di Δ9-tetraidrocannabinolo (Δ9-THC) e cannabidiolo (CBD) dopo aver fumato cannabis con una bassa percentuale di Δ9-THC, denominata anche “cannabis light”, e i suoi effetti sui giovani adulti ‘ vigilanza, capacità cognitive e motorie.

Valutazione scientifica dell’assenza del famoso “effetto drogante”

I ricercatori hanno somministrato a diciotto giovani adulti  tre sigarette pre-rollate di cannabis light contenenti 400 mg di infiorescenze ciascuna, con una percentuale dello 0,41% di Δ9-THC e del 12,41% di CBD. Dell’esperimento hanno valutato due fattori: la concentrazione ematica di THC e CBD dopo l’inalazione di “cannabis light” e le prestazioni psicomotorie-cognitive degli assuntori prima e dopo l’inalazione. Solo quattro persone hanno riportato concentrazioni di THC nel sangue superiori a 2 ng/ml dopo l’assunzione. Tuttavia, in nessun caso è stata osservata alcuna compromissione significativa nella psicomotricità della persona.

Lo studio evidenzia in modo accurato anche come sono stati raccolti i risultati: “I campioni di sangue sono stati raccolti prima dell’esperimento (t0), dopo ogni sigaretta di cannabis light (t1→t3), 60 (t4) e 120 (t5) minuti dopo l’inizio dell’esperimento. Sono stati impiegati per misurare le prestazioni cognitive e psicomotorie cinque compiti di prestazione e una scala soggettiva il giorno prima dell’esperimento (TT0) e dopo la terza sigaretta (TT1).

Risultati

“Le concentrazioni medie (DS) (ng/ml) erano 1,0 (0,8) in t1, 1,2 (0,9) in t2, 1,0 (0,8) in t3, 0,6 (0,4) in t4 e 0,3 (0,3) in t5 per Δ9-THC; 10,5 (10,3) in t1, 10,3 (13,2) in t2, 15,1 (14,8) in t3, 9,9 (9,2) in t4 e 5,7 (5,7) in t5 per CBD. Non sono state osservate differenze significative tra TT0 e TT1 per tutti i compiti di prestazione psicomotoria eseguiti. Nessuno dei soggetti ha dichiarato di sentirsi “sballato” dopo l’esperimento.

In conclusione, oltre a non aver rilevato alcuna alterazione nelle capacità psicomotorie dei giovani adulti, la ricerca sottolinea un altro aspetto rilevante: non è possibile assumere un quantitativo di cannabis light affinché vi sia un possibile “effetto drogante”. Questa frase assume un grande valore, soprattutto nelle aule giudiziarie e nei luoghi in cui si fa ancora confusione scientifica. Inoltre è importante ricordare che il sistema endocannabinoide è personale e ciascuno risponde diversamente all’assunzione di uno stesso quantitativo di principio attivo.

Le concentrazioni di Δ9-THC e CBD hanno mostrato un’elevata variabilità inter-soggetto e le concentrazioni medie erano inferiori a quelle precedentemente riportate. I risultati tossicologici hanno mostrato una diminuzione di Δ9-THC e CBD dopo la terza assunzione di cannabis, ed è stato osservato un rapporto Δ9-THC/CBD sempre <1. La mancanza di compromissione osservata nei nostri partecipanti può essere interpretata come conseguenza delle bassissime concentrazioni rilevabili nel sangue.

La ricerca scientifica può essere un valido supporto a sostegno di talune tesi intuibili dall’esperienza, perché come diceva Socrate: “Il sapere rende liberi, è l’ignoranza che rende prigionieri.”

 

 

 

Fonte: www.beleafmagazine.it

 

 

 

 

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